Ci sono parole che a volte spaventano un po’.
Parole che sono difficili da portare perché ci fanno sentire piccine, loro che sembrano così tanto più grandi di noi. Parole che mettono soggezione a chi le ascolta.
Ci sono parole che ti sembra di essere costretta ad indossare, anche se ti vanno strette, come quel maledetto jeans che hai comprato solo perché andava di moda, ma che invece di vestirti ti fa sentire nuda ed esposta.
Parole che ti sono state appiccicate sulla schiena, senza che te ne accorgessi: uno stupido scherzo che ti è rimasto addosso. Ci sono parole, poi, che supplichi di poter far tue e parole che non vorresti mai dire o vestire.
Donna è una parola potente.
Provate a pronunciarla lentamente e sentire come vi risuona in testa, come vi attraversa il corpo. Quali immagini evoca nella vostra mente. Donna.
Certo, non tutt* sono disposti a riconoscerlo, ma è talmente potente che anche noi donne a volte non la usiamo per definire noi stesse. Siamo ragazze, siamo femmine, siamo mamme, siamo mogli, siamo la nostra professione, siamo le nostre relazioni, ma siamo anche donne. Siamo prima di tutto donne.
Lo siamo diventate con tutta la fatica di crescere in questo mondo che con le donne non riesce a fare ancora pace. Eravamo destinate ad esserlo, fin dal primo vagito, o forse lo siamo sempre state. Piccole donne, come quelle del romanzo. Donne anche quando il nostro corpo non era ancora pronto, anche quando il nostro corpo non era femmina. Inevitabilmente, imprescindibilmente, innegabilmente donne.
Donna è una parola che sfugge.
Scivola abilmente tra le etichette e i pregiudizi, continua a ridefinirsi e non si fa limitare mai.
È così agile e ricca che spaventa, ed è più facile sezionarla e considerarla un pezzo per volta, perché così è più semplice affrontare anche le donne reali, non solo il concetto.
In spagnolo siamo mujer, che letteralmente, è “moglie”. Chica, che suona più simpatico, ci rappresenta come bambine, ragazze, bambole o domestiche.
In francese possiamo apprezzare il nostro lato carnale, in quanto femme, termine che si scioglie sulle labbra: così sensuale, sessuale, archetipico, ma letteralmente ci riconosce solo un dato di fatto biologico. In latino femmina è semplicemente la controparte del maschio, in qualsiasi specie.
Woman, invece, è un termine esclusivo per le femmine della razza umana, ma Donna, Donna è molto di più.
A noi italiane è spettato il nome migliore: Donna è l’italianizzazione di domina, ovvero signora, padrona.
Guardate che fortuna! La lingua italiana, quella con cui costruiamo i nostri pensieri e le nostre regole, ci concepisce padrone… ma padrone di cosa?
Inizialmente (storicamente parlando) solo della casa. Nei secoli, poi, ci siamo impossessate dei cuori dei nostri compagni – poeti e scrittori – diventando sempre più attive, piene e sintetiche di un ruolo così vicino al divino, generativo e ispiratore, come madri e come muse. Fino a che abbiamo capito che, come le nostre controparti maschili, l’unica cosa che conta è essere padrone di sé. In maniera unica, esclusiva, senza possibilità di ritrattare, rivedere gli accordi, dividere in società: no way.
Padrone di noi e quindi libere, padrone della nostra vita e delle nostre scelte, e di essere tutto quello che desideriamo. Donna non è una sola cosa, e nemmeno la somma di tutto ciò che facciamo e dei ruoli che rivestiamo.
Donna è tutto e il contrario di tutto, è caos e ordine, insieme e distinti.
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